Alessandro I Romanov

Alessandro I RomanovZar dal 1801 al 1825

Figlio e successore di Paolo I fu tra i principali promotori della coalizione che sconfisse Napoleone. Dapprima di tendenze liberali, più tardi attratto dal misticismo religioso, avviò un vasto programma di riforme interne. Al congresso di Vienna si fece promotore della Santa alleanza. Le strane contraddizioni del suo carattere fanno di Alessandro I una delle figure più interessanti del XIX secolo.

Autocrate e giacobino, uomo di mondo e mistico, egli appare ai suoi contemporanei come un enigma che ciascuno può cercare di decifrare in accordo con il proprio temperamento.

Napoleone I si riferisce a lui definendolo un scaltro bizantino e chiamandolo il Talma del Nord, in grado di recitare qualsiasi parte. Per Metternich egli è un pazzo che deve essere assecondato. Robert Steward scrive di lui a Lord Liverpool dandogli credito di grandi qualità ma aggiungendo che è sospettoso e indeciso. La complessità del suo carattere deriva, in effetti, dai contrasti esistenti nella sua educazione.

Allevato nell’atmosfera di libero pensiero della corte della madre Caterina la Grande, egli fu imbevuto dei principi illuminati di Rousseau dal suo tutore svizzero Federic Cesar de Laharpe, introdotto dal suo istruttore militare, Generale Soltikov, alle tradizioni dell’autocrazia russa, reso amante delle parate militari dal padre e portato quindi a combinare un amore teorico per l’umanità con il disprezzo per gli individui.

Queste contraddizioni comportano poi le oscillazioni nella sua politica interna ed estera. Un altro aspetto del carattere controverso di Alessandro I emerge quando il 23 marzo 1801 egli sale al trono scavalcando il corpo assassinato del padre. Alessandro I si valse dell’alleanza con Napoleone I per strappare agli Svedesi l’intera Finlandia (1809) e ai Turchi la Bessarabia (1812); quando poi l’imperatore francese invase la Russia, egli lo lasciò penetrare nel territorio dell’Impero fino a Mosca, da dove lo respinse al sopraggiungere dell’inverno (1812).

Coi trattati di Vienna, che seguirono alla caduta di Napoleone, lo zar ottenne dall’Austria e dalla Prussia la massima parte della Polonia (1815). Le riforme che Alessandro I aveva intrapreso nei primi anni di regno furono revocate o lasciate cadere; con l’istituzione della Santa Alleanza (1815) la Russia divenne il pilastro della reazione europea.

La definizione delle nuove leggi, iniziata subito da Alessandro non giunge mai la termine, in realtà nulla fu fatto per migliorare la condizione dei servi della gleba. La costituzione delineata da Speransky rimane priva della firma dell’imperatore.

Alessandro, in effetti, pur senza diventare, forse, coscientemente repressivo possiede tutte le caratteristiche del tiranno: non si fida di coloro che hanno capacità ed esprimono giudizi indipendenti; manca anche del requisito fondamentale per un sovrano riformatore: la confidenza con il suo popolo.

Questa carenza compromette anche le poche riforme che vengono realmente attuate. Alessandro sperimenta queste riforme nelle province esterne dell’impero ed i russi mormorano apertamente che “non contento di governare con metodi stranieri” concede a polacchi, finlandesi ed abitanti delle province baltiche vantaggi che a loro sono negati.

Alcune delle riforme comunque attuate non riescono però a superare la mentalità autocratica dello zar. Il Consiglio dei Ministri ed il Senato, investi inizialmente, almeno in teoria, di alcuni poteri diventano in breve schiavi dei favoriti del momento.

La complessa riforma del sistema educativo culminata con la fondazione (o rifondazione) delle università di Dorpat, Vilna, Kazan e Kharkov è strangolata da supposti motivi di ordine e di devozione religiosa, mentre le colonie militari, che Alessandro proclama essere una benedizione sia per i soldati che per lo stato, imposte a riluttanti contadini e soldati con crudele violenza.

Persino la Società Biblica a cui Alessandro, nel suo zelo evangelizzatore, propone di proteggere il popolo viene trattata con la stessa crudeltà . L’arcivescovo cattolico ed il metropolita ortodosso vengono costretti ad entrare in un comitato insieme a pastori protestanti, ed i preti dei villaggi, abituati a considerare qualsiasi intromissione nei testi sacri come un peccato mortale diventano i riluttanti propagatori di ciò che essi ritengono opera del demonio.

La grandiosa immaginazione di Alessandro è fortemente attratta dalle grandi questioni della politica europea più che dalle riforme interne che alla fine feriscono il suo orgoglio e mostrano i limiti del suo potere assoluto. Immediatamente dopo la sua ascesa al trono egli ribalta la politica del padre, Paolo I, denunciando l’accordo con la Francia e stipulando la pace (aprile 1801) con la Gran Bretagna ed allo stesso tempo aprendo negoziati con Francesco II, imperatore del Sacro Romano Impero.

In seguito all’affare di Memel stipula una stretta alleanza con la Prussia non per motivi politici ma per puro spirito di cavalleria e di amicizia verso il giovane re Federico Guglielmo III e la sua affascinante moglie Luisa di Mecklenburg-Strelitz. Lo sviluppo di questa alleanza fu interrotto dalla breve pace stipulata nel ottobre 1801 quando sembra che Francia e Russia possano cominciare a comprendersi.

Spinto dall’entusiasmo di Laharpe, appena tornato in Russia da Parigi, Alessandro inizia a proclamare apertamente la sua ammirazione per le istituzioni francesi e per la persona di Napoleone Bonaparte.

Presto, comunque, inizia a cambiare atteggiamento. Laharpe, dopo una nuova visita a Parigi, presenta allo zar la sua opera Riflessioni sulla vera natura del consolato a vita che, come dice Alessandro, apre i suoi occhi e rivela che Napoleone non è un vero patriota a solo il più famoso tiranno che il mondo ha prodotto. La sua disillusione è completata dall’uccisione dell’ambasciatore francese.

La corte russa viene sospettata di essere coinvolta in tale atto e le relazioni diplomatiche con Parigi sono interrotte. In opposizione a Napoleone, da lui stesso definito come “l’oppressore dell’Europa ed il disturbatore della pace mondiale”, Alessandro si convince di essere il mandante di una missione divina.

Nelle sue istruzioni a Novosiltsov, suo inviato speciale a Londra, lo zar elabora le motivazioni della sua politica con un linguaggio che, come quello successivo del trattato della Santa Alleanza fa più appello all’etica che alla politica. · Secondo Alessandro lo scopo della guerra non è solo la liberazione della Francia bensì il trionfo dei sacri diritti dell’umanità , per fare questo è necessario “dopo aver attaccato la nazione (la Francia) e il suo governo allo scopo di renderla incapace di agire, nel maggior interesse dei suoi sudditi, fissare le relazioni tra gli stati secondo precise regole”.

Nel frattempo Napoleone, poco impressionato dall’ideologia del giovane autocrate russo, non abbandona la speranza di staccarlo dalla coalizione. Dopo la battaglia di Austerlitz, il 2 dicembre 1805, ha più fretta di trattare con Alessandro I che di entrare trionfante a Vienna.

L’impero russo e la Francia afferma essere alleati geografici in quanto tra essi non vi sono veri conflitti d’interesse ed insieme possono governare il mondo.
Ma Alessandro è ancora determinato a “persistere nell’imparzialità verso tutti gli stati d’Europa che egli ha fin qui seguito”, e rimane alleato della Prussia.

Dopo le battaglie di Jena e Eylau Napoleone, sempre interessato all’alleanza con la Russia coinvolge polacchi, turchi e persiani nel tentativo di vincere l’ostinazione dello zar. In Russia un gruppo di opinione capeggiato dal fratello dello zar, il granduca Costantino, chiede a gran voce la pace ma Alessandro, dopo un vano tentativo di formare una nuova coalizione fa appello alla nazione russa per una guerra santa contro Napoleone, nemico della fede ortodossa.

Il risultato fu una completa disfatta nella battaglia di Friedland (13 giugno 1807). Napoleone si rende conto di avere una chance e decide di afferrarla. Invece di imporre pesanti condizioni di pace egli offre ad Alessandro la sua alleanza. I due imperatori si incontrano a Tilsit il 25 giugno 1807. Alessandro, abbagliato dal genio di Napoleone e sopraffatto dalla sua apparente generosità e completamente vinto.

L’imperatore francese sa bene come fare appello all’esuberante immaginazione del suo nuovo amico. Egli propone allo zar di dividersi il governo del mondo; come primo passo gli lascia il possesso dei principati danubiani e mano libera con la Finlandia ed in seguito gli promette che, quando i tempi saranno maturi, i due imperatori dell’est e dell’ovest spingeranno i turchi fuori dall’Europa e marceranno attraverso l’Asia per conquistare l’India.

Un simile programma risveglia nella mente impressionabile di Alessandro un’ambizione che finora non ha conosciuto. Il suo interesse per le sorti dell’Europa è dimenticato ed egli afferma all’ambasciatore francese “Cos’è l’Europa?” “Dov’è se non dove siamo noi?”. Lo splendore di questa nuova visione non rende comunque cieco Alessandro verso i doveri dell’amicizia; egli non accetta i principati danubiani come prezzo per un’ulteriore smembramento della Prussia. “Noi abbiamo combattuto una guerra leale” afferma ” ora dobbiamo fare una pace leale”.

Non passa molto tempo perchè l’entusiasmo di Tilsit incominci a svanire, Napoleone è prodigo di promesse ma non nel realizzarle. I francesi rimangono in Prussia, i russi nella regione del Danubio e ciascuno accusa l’altro di minare la fiducia reciproca. Comunque le relazioni personali tra Alessandro e Napoleone rimangono cordiali e lo zar spera in un nuovo incontro allo scopo appianare le divergenze. L’alleanza Franco/Russa:

L’incontro avviene a Ertfurt nell’ottobre 1808 ed ha come risultato un trattato che definisce la politica comune dei due imperatori benchè i sentimenti di Alessandro verso Napoleone incomincino a mutare. Egli comprende che in Napoleone i sentimenti non hanno mai la meglio sulla ragione e cosa veramente importante, che non intende proporgli veramente di compiere insieme “grandi imprese”, miraggio che ha usato per tenere occupata la mente dello zar mentre lui consolida il suo potere nell’Europa centrale.

L’alleanza con la Francia diventa per Alessandro, non più una fraterna intesa per governare, ma una questione di pura politica. Infatti la usa per rimuovere un “nemico geografico” dalle porte di San Pietroburgo strappando la Finlandia alla Svezia, nel 1809, e sperando di poterla usare per portare la frontiera sud della Russia al Danubio. Gli eventi precipitano rapidamente verso la rottura dell’alleanza.

Alessandro collabora con Napoleone nella guerra del 1809 ma dichiara apertamente di non voler permettere la distruzione dell’Impero Austriaco e Napoleone protesta per l’inoperosità della truppe russe durante la campagna. Lo zar protesta a sua volta perchè Napoleone appoggia le rivendicazioni polacche. Riguardo l’alleanza con la Francia lo zar sa di essere praticamente isolato in Russia e dichiara di non aver intenzione di sacrificare gli interessi del suo popolo e dell’impero al suo affetto per Napoleone.

Il tratto di Vienna, che espande generosamente il ducato di Varsavia viene commentato negativamente da Alessandro che ammorbidisce la sua posizione solo in seguito ad una dichiarazione di Napoleone che afferma di non voler restaurare la Polonia ed alla convenzione, firmata il 4 gennaio 1810, ma mai ratificata, che abolisce il nome Polonia ed i suoi ordini cavallereschi.

Ma se Alessandro non si fida di Napoleone, questi non è meno sospettoso nei confronti dello zar e per testarne la sincerità gli invia una richiesta di matrimonio tra lui e la granduchessa Anna, figlia minore dello zar.

Alessandro risponde con un educato rifiuto giustificandolo con la troppo giovane età della principessa e le perplessità dell’imperatrice. Napoleone risponde con il rifiuto di ratificare la convenzione del 4 gennaio 1810 e con l’annuncio del suo matrimonio con Maria Luisa d’Austria. L’annessione dell’Oldenburg alla Francia aggiunge un altro motivo di attrito personale tra i due imperatori in quanto il duca spodestato è lo zio di Alessandro, mentre la politica del “blocco continentale” provoca gravissimi danni al commercio estero della Russia al punto da rendere impossibile il mantenimento della politica di alleanza con la Francia.

Questo insieme di contrasti culmina, nell’estate 1812 con l’invasione della Russia da parte di Napoleone. La guerra russo-francese del 1812 è un punto di svolta nella vita di Alessandro, ed i suoi orrori, per i quali la natura sensibili di Alessandro, si sente responsabile, contribuiscono a sbilanciare la sua mente.

Quando Napoleone attraversa i confini russi con la Grande Armee Alessandro proclama la guerra patriottica in difesa della terra dei padri e, mentre Mosca brucia, dichiara che la sua anima ha trovato l’illuminazione ed ha compreso, per rivelazione divina, che la sua missione è pacificare l’Europa. Cerca di placare la sua coscienza corrispondendo con i propugnatori di una rinascita evangelica nel continente e cerca nelle scritture presagi consigli. Con la caduta di Napoleone Alessandro diventa il più potente sovrano d’Europa.

Con la memoria degli accordi di Tilsit ancora viva nella mente dei contemporanei non vi è nulla di strano se ad una personalità cinica come quella di Klemens Wenzel von Metternich egli sembri solamente aver nascosto “sotto il linguaggio della abnegazione evangelica” ampi e pericolosi progetti. Sebbene lo zar abbia dichiarato guerra alla rivoluzione, Laharpe è ancora al suo fianco e gli slogan sulla dottrina dell’umanità sono ancora sulle sua labbra.

Nel proclama con cui denuncia Napoleone come “genio del male” lo denuncia in nome della “libertà ” e “dell’uguaglianza”. Questi comportamenti fanno sospettare l’esistenza di un piano di alleanza con i movimenti giacobini europei per rimpiazzare il dominio francese con quello russo.

Durante il Congresso di Vienna l’atteggiamento di Alessandro non fa che rafforzare questi sospetti, l’inviato inglese, Castlereagh, che punta ad una semplice restaurazione più che ad un “giusto equilibrio” in Europa, rimprovera allo zar di usare la sua coscienza per coprire la minaccia che lui stesso genera all’equilibrio di potere raggiunto continuando ad occupare la Polonia in violazione agli impegni assunti.

Durante il congresso Alessandro si oppone allo smembramento della Francia anche se tale posizione può essere letta in modi diversi sia dal punto di vista delle considerazioni etiche dello zar sia dal desiderio di non lasciare troppo spazio a Gran Bretagna, Prussia e Austria nell’Europa Occidentale.

Per mettere a tacere le polemiche sulla Polonia lo zar concede infine una costituzione che almeno sancisce l’esistenza della Polonia coma nazione, seppur occupata. A partire dal 1818 la visione di Alessandro incomincia a cambiare nuovamente. Una cospirazione rivoluzionaria tra gli ufficiali della della guardia imperiale ed un tentativo di rapirlo mentre si reca al Congresso di Aix-la-Chapelle, scuotono le fondamenta della sua visione del liberalismo.

Al congresso entra fin dall’inizio in stretto contatto con Metternich e l’astuto austriaco è veloce ad approfittare del momento e dello stato psicologico dello zar. Non si tratta comunque di un voltafaccia improvviso, infatti benchè allarmato dalle agitazioni rivoluzionarie in Germania, Alessandro, approva la protesta di Castlereagh contro la politica di Metternich “governi alleati contro i popoli” come formulata nel decreto di Carlsbad del luglio 1819 e depreca ogni intervento in Europa di supporto “a coalizioni il cui solo obiettivo sia l’assurda pretesa del potere assoluto”.

Lo zar dichiara ancora di credere in “libere istituzioni” ma con molti limiti. La libertà, egli sostiene, deve essere confinata nei giusti limiti. E i giusti limiti della libertà sono i principi dell’ordine. L’apparente trionfo del disordine che segna le rivolte di Napoli e in Piemonte combinate con l’aumento di sintomi di scontento in Francia, Germania e persino in Russia che completano la conversione autoritaria di Alessandro.

Nella solitudine della piccola città di Troppau, dove nell’ottobre 1820, i potenti d’Europa si danno convegno, Metternich trova la strada per cementare la sua influenza sullo zar. Il momento è ormai propizio: in gennaio Alessandro ha ancora ipotizzato di una libera confederazione degli stati europei simbolizzata dalla Santa Alleanza in opposizione alla politica dittatoriale delle grandi potenze simbolizzate dal Quadruplice Intesa ed ha ancora contestato il diritto d’intervento negli stati sovrani, il 19 novembre con la firma del protocollo di Troppau il principio dell’intervento allo scopo di mantenere lo status quo è definito.

Al congresso di Laibach, nella primavera del 1821, Alessandro sente per la prima volta parlare della rivolta in Grecia. Da questo momento fino alla sua scomparsa è lacerato tra l’ansietà di realizzare il suo sogno di una confederazione di stati europei e quella che vede come le sua missione di guidare gli ortodossi nella crociata contro l’Impero Ottomano. Inizialmente, sotto l’attenta sorveglianza di Metternich, che non desidera sconvolgimenti nei Balcani, prevale il primo interesse.

Sotto l’influenza del cancelliere austriaco Alessandro da direttive al suo ministro degli esteri per negare qualsiasi simpatia russa per la rivolta di Grecia e l’anno seguente una deputazione di greci della Morea in viaggio per presenziare al congresso di Verona viene costretto, per ordine dello zar, a tornare indietro.

Come sempre, però, altalenando tra le diverse posizioni asserisce che il sultano ottomano Mahmud deve essere escluso dalla Santa Alleanza e gli affari dell’Impero Ottomano esclusi dalle deliberazioni del congresso di Vienna in quanto “affari interni alle questioni domestiche russe” e che lui avrebbe marciato nell’Impero Ottomano così come l’Austria aveva marciato a Napoli.

La netta opposizione di Metternich a questi argomenti incomincia a far vedere ad Alessandro la politica austriaca sotto un diverso punto di vista al punto che, tornato in Russia, lontano dall’influenza del cancelliere austriaco, riprende le primitive posizioni anti-ottomane.

Nel autunno 1825, con la motivazione ufficiale di far cambiare clima all’imperatrice, la cui salute peggiora continuamente, si trasferisce a sud dove già si trova il grosso dell’esercito russo. Quando ormai tutto sembra andare verso uno scontro tra Russia e Impero Ottomano Alessandro muore improvvisamente a Taganrog il 18 novembre 1825.

E’stato ipotizzato da alcuni che in realtà Alessandro I non sia morto il 18 novembre 1825 ma abbia inscenato la sua morte allo scopo di potersi ritirare a vita privata. Secondo una versione di tali dicerie l’ex zar avrebbe vissuto ancora lunghi anni sotto le spoglie di un monaco eremita di nome Fomich, vivendo a Tomsk, una città della Siberia, fino al 1870.

A supporto di tale teoria vi sarebbero la deferenza che i successori di Alessandro I, Nicola I e Alessandro II, hanno per tale monaco e la testimonianza dell’ambasciatore inglese in Russia che afferma di aver visto Alessandro I a bordo di una nave dopo la sua presunta morte. Unico fatto certo è l’assenza delle spoglie dello zar nella sua presunta tomba, aperta durante il periodo sovietico.

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