Indipendenza Messicana
Nell’ottocento, utilizzando il modello coloniale francese, i Borboni tentarono di abolire l’autonomia messicana, centralizzare il potere e indebolire la chiesa.
Istituirono un’esercito regolare e aumentarono le tasse, inasprendo le relazioni tra la Spagna e il Messico e portando i creoli a sopportare sempre meno le interferenze degli ufficiali spagnoli, la popolazione indigena e le caste più deboli erano quelli che risentivano maggiormente della pressione fiscale.
La popolazione era cresciuta, contemporaneamente alla diminuzione dei beni di consumo a disposizione, peggiorando notevolmente la vita.
Nel frattempo s’indebolì la vecchia alleanza con la chiesa e i Gesuiti furono espulsi nel 1767. La Spagna era spesso coinvolta in guerre Europee e non aveva più denaro a sufficienza per il controllo delle coste messicane, a nord la frontiera era sempre più minacciata dalle truppe francesi e inglesi.
La rivoluzione americana nel 1776 (il primo esempio di ribellione coloniale) e la caduta di Napoleone nel 1808, segnò la definitiva crisi del governo coloniale.
Il 16 settembre 1810, un prete di nome Miguel Hidalgo, incitò i cittadini alla ribellione in nome dell’indipendenza.
La rivolta fallì e Hidalgo venne giustiziato l’anno successivo. Una seconda rivolta ci fu dopo quattro anni, questa volta guidata da Josè Maria Morelos, ma ebbe lo stesso esito Morelos fu catturato e giustiziato nel 1815.
Anche se sotto una dura repressione la guerriglia continuò. Solo nel 1821 riuscirono ad impossessarsi del potere, l’èlite creola proclamò finalmente l’Indipendenza, il Messico era finalmente repubblica.
Agustìn de Iturbide si nominò Imperatore (Augustìn I). Il Messico pagò a caro prezzo la sua indipendenza, con il crollo economico e l’abbandono del paese da parte degli spagnoli.
Il consenso politico nel paese era diviso tra liberali , che chiedevano una repubblica progressista e di libero mercato, e conservatori, che invece volevano uno stato gerarchico centralizzato appoggiato sia dalla chiesa che dai militari e possibilmente monarchico.
Non si riuscì ad avere una stabilità governativa, in 50 anni si susseguirono 30 presidenti, nel frattempo l’esercito assumeva sempre più potere, sfornando un’infinità di caudillos, che a loro volta erano in contrasto tra loro sempre in nome del potere.
Spicca tra tutti il Generale Antonio Lòpez de Santa Anna, un viscido opportunista che riuscì a farsi rieleggere per ben undici volte.
Nel 1836 ci fu una ribellione nel Texas, le forze di Santa Anna vinsero la battaglia di Alamo ma dopo un mese vennero sconfitti a San Jacinto, l’intera armata messicana venne sconfitta nel sonno e il Generale Antonio Lòpez de Santa Anna catturato, fu rilasciato in seguito dagli Americani.
Tornato in Messico, Santa Anna riuscì a farsi eleggere presidente. La decisione del Texas di unirsi agli Stati Uniti provocò la guerra tra le due nazioni, ci fu un massiccio attacco americano sia terrestre che navale e anche se ci fu una tenace e coraggiosa resistenza delle truppe messicane, dopo un durissimo combattimento nel castello di Chapultepec (dove persero la vita nell’eroico tentativo di difenderlo, un gruppo di cadetti, i Niños Hèroes).
La guerra ebbe fine nel 1848 con il trattato di Guadalupe/Hidalgo, il Messico perde così quasi la metà del suo territorio.
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