Storia di Roma

  • La data della fondazione di Roma è stata fissata al 21 aprile dell’anno 753 a.C. (Natale di Roma) dallo storico latino Varrone.
  • I Romani avevano elaborato un complesso racconto mitologico sulle origini della città e dello stato, che ci è giunto attraverso le opere storiche di Tito Livio, e quelle poetiche di Virgilio e Ovidio, tutti dell’età augustea.
  • In quest’epoca le leggende riprese da testi più antichi vengono rimaneggiate e fuse in un racconto unitario, nel quale il passato mitico viene interpretato in funzione delle vicende del presente.
  • I moderni studi storici e archeologici, che si basano sia su queste ed altre fonti scritte, sia sugli oggetti e i resti di costruzioni rinvenuti in vari momenti negli scavi, tentano di ricostruire la realtà storica che sta dietro al racconto mitico, nel quale man mano si sono andati riconoscendo alcuni elementi di verità.
La leggenda La storia La fondazione di Roma I sette Re di Roma .

La leggenda

Il mito racconta di una fondazione avvenuta ad opera dei gemelli Romolo e Remo, discendenti dalla stirpe reale di Alba Longa, che a sua volta discendeva da Ascanio o Iulo, figlio di Enea, l’eroe troiano giunto nel Lazio dopo la caduta di Troia.

Come si racconta nell’Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia ormai presa dai Greci, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio, mentre la moglie Creusa, figlia del re Priamo, perisce nell’incendio della città. Dopo diverse peregrinazioni nel Mediterraneo, Enea arriva nel Lazio e viene favorevolmente accolto dal re Latino, che gli offre in sposa la figlia Lavinia. Alla mano della figlia del re ambiva anche Turno, re dei Rutuli e scoppia quindi una guerra a cui partecipano, da una parte o dall’altra, le varie popolazioni italiche, compresi gli Etruschi e i Volsci e la città di Pallante sul Palatino, regno dell’arcade Evandro. Sconfitto Turno in duello, Enea sposa Lavinia e fonda la città di Lavinio.

Dopo trent’anni Ascanio fonda una nuova città, Alba Longa, sulla quale regnano i suoi discendenti. Molto tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore viene spodestato dal fratello Amulio, che costringe la figlia Rea Silvia a farsi vestale e a fare quindi voto di castità. Tuttavia il dio Marte si invaghisce della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo. Il re Amulio ne ordina l’uccisione, ma il servo incaricato di eseguire l’ordine non ne trova il coraggio e li abbandona alla corrente del fiume Tevere. La cesta dei gemelli si arena sulla riva presso la palude del Velabro, tra Palatino e Campidoglio dove vengono nutriti da una lupa. Li trova poi il pastore Faustolo che li porta con sé e la moglie Acca Larenzia e li cresce come suoi figli. Una volta divenuti adulti e conosciuta la propria origine ritornano ad Alba Longa, uccidono Amulio e rimettono sul trono il nonno Numitore. Romolo e Remo ottengono quindi il permesso di andare a fondare una nuova città, nel luogo dove sono cresciuti. Romolo dal Palatino e Remo dall’Aventino osservano il volo degli uccelli per decidere su quale colle dovrà essere fondata la nuova città. Secondo una versione il responso favorisce Romolo, che traccia il solco sacro (pomerio) che deve delimitare il perimetro della nuova città (Roma quadrata), solco che nessuno potrà oltrepassare. Il fratello Remo lo schernisce saltando il solco e Romolo lo uccide con la propria spada. Per un’altra versione Remo osservò per primo il volo di sei aquile, ma di li a poco Romolo ne vide volare dodici; ne nacque una disputa, che terminò con l’uccisione di Remo da parte del fratello.

La città è fondata e Romolo diventa il primo dei re di Roma.

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La storia

Le prime tracce di insediamenti risalgono alla cultura dell’uomo di Neanderthal.
Nella zona di Roma sono stati effettuati diversi ritrovamenti il più antico dei quali, lo Scavo della Valchetta, ha portato alla luce resti di 65.000 anni fa. Nella zona di Rebbibia, nello Scavo di Casal de’ Pazzi, sono state ritrovate ossa di animali risalenti a circa 20.000 anni fa, mentre in via di Torre Spaccata, durante lo scavo per la costruzione di un istuto tecnico, sono stati scoperti resti di un insediamento umano risalente a circa 6.000 anni fa.
Seguì un periodo di stasi, che solo nell’età del ferro sfociò in una nuova colonizzazione della regione. Questa non sembra potersi riferire a genti autoctone, ma a migrazioni di genti di stirpe indo-europea, i Latini.
La migrazione del gruppo latino-falisco fu antecedente a quella del gruppo umbro-sabello, di cui facevano parte i Sanniti, anch’esso di origine indo-europea; sembra comunque che entrambe furono determinate dal successivo arrivo degli Illiri nelle rispettive zone d’origine.
I primi stanziamenti della zona del Lazio da parte della popolazione indoeuropea dei Latini risalgono all’età del ferro, una colonizzazione successiva all’arrivo nelle loro zone d’origine delle popolazioni illiriche.
All’inizio i Latini occupavano solo una piccola zona, detta “Latius vetus”, e vicino vivevano molte popolazioni, di cui la più influente era quella degli Etruschi. I primi accampamenti sorsero sul colle Palatino attorno al X secolo a.C. ma presto si allargarono alle aree circonvicine. La primitiva scelta fu probabilmente dettata dalla più agevole possibilità di guado del fiume Tevere ma, successivamente, essa si rivelò preziosa in funzione della buona posizione lungo le rotte commerciali dell’epoca.
Quando iniziò la fase “storica” delle popolazioni stanziate nella penisola, mentre i falisci occupavano la valle del Tevere tra i monti Cimini e i Sabatini, i latini occupavano solo una piccola zona, detta “latius vetus”, che andava dalla riva destra della parte finale del Tevere, ai Colli Albani fino alla costa del Mar Tirreno.
Il loro territorio confinava con quello di influenza di diverse altre popolazioni, la più importante delle quali era sicuramente quella degli Etruschi la cui zona d’influenza iniziava sin dalla riva settentrionale del Tevere.
I volsci, di origine osca, occupavano la parte meridionale del Lazio e i monti Lepini; gli Aurunci la costa tirrenica a cavallo dell’attuale confine tra Lazio e Campania; a nord, sull’Appennino, si trovavano i sabini; a est gli Equi. Nella valle del Trero, gli ernici controllavano la via commerciale per la Campania e tra Ardea ed Anzio erano stanziati i Rutuli.
I primi accampamenti della futura Roma sorsero sul Palatino (X secolo a.C.) e successivamente sull’Esquilino e sul Quirinale. La località scelta non era certamente la più salubre; la zona era coperta da paludi e stagni, per cui anche se coltivabile per l’ampia disponibilità di acqua, probabilmente fu scelta in forza della sua posizione in prossimità dell’isola Tiberina.
L’isola che era il guado più agevole per traversare il fiume, era diventato il punto di intersezione di due importanti direttrici commerciali; una che andava dalla costa alle zone interne della Sabina utilizzata per il commercio del sale che in antichità rappresentava un’alimento fondamentale per la vita degli uomini ed un’altra che andava dall’Etruria fino alla Campania delle città greche utilizzata per gli scambi commerciali tra queste due popolazioni. Controllare l’isola significava controllare i traffici che vi si svolgevano e molto probabilemente da qui deriva l’importanza di Roma ai suoi albori.

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La fondazione di Roma

Inizia così il periodo della Roma quadrata, così detta per la forma quadrata del Palatino, anche se non si può ancora parlare di una vera e propria città.
Lo sviluppo di un centro urbano dall’unione dei differenti villaggi si ebbe secondo un lungo processo durato alcuni secoli, che terminò probabilmente intorno alla metà dell’VIII secolo: a questa data infatti le necropoli precedentemente utilizzate nelle zone libere tra i villaggi vengono spostate sull’Esquilino in quanto gli spazi vengono considerati ormai come facenti parte integrante della città.
La tradizione maggiormente condivisa – e ripresa anche da Marco Terenzio Varrone (che con il suo De lingua latina gettò le basi per lo studio linguistico del popolo latino) – vuole che sia stata fondata da Romolo e Remo il 21 aprile del 753 a.C.; di parere contrario si dice Quinto Ennio il quale nei suoi Annales colloca la fondazione nell’875, mentre Fabio Pittore (che nel III secolo a.C. prese parte alla seconda guerra punica), si riavvicina alle posizioni di Varrone individuandola nell’anno 748.
A dimostrazione che individuare la data esatta della nascita di Roma non è stato mai compito facile per gli storiografi, va detto poi che Lucio Cincio Alimento (autore di scritti in forma di Annali) e lo storico greco Timeo di Tauromenio (vissuto circa trecento anni prima di Cristo) vedono rispettivamente nel 729 nel 814 la fondazione di quella che sarà la città eterna (per Timeo, quindi, pressoché contemporanea a quella di Cartagine).
I primi re di Roma, sembrano figure soprattutto mitiche. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell’urbe: Romolo viene ricordato come il fondatore della città, a cui diede le principali istituzioni civili e il Senato, Numa Pompilio creò la principali istituzioni religiose (tra cui il tempio di Giano, il culto delle vestali, la carica di pontefice massimo – pontifex maximus – la suddivisione dell’anno in dodici mesi con, precisamente regolamentate, tutte le feste e le celebrazioni religiose), Tullo Ostilio, sconfiggendo i sabini e conquistando Alba Longa, iniziò l’espansione territoriale nel Lazio, ad Anco Marzio si deve la fondazione del porto di Roma per eccellenza, Ostia. L’esistenza storica in particolare degli ultimi tre (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo pare essere accertata. Sotto questi sovrani, di chiara provenienza etrusca Roma ebbe una straordinaria fioritura sotto il loro dominio. Secondo la tradizione Tarquinio Prisco eresse il Tempio di Giove e costruì la Cloaca massima, Servio Tullio divise in cinque classi di censo la popolazione cittadina e costruì la prima cinta muraria (le mura serviane); l’ultimo di questi fu Tarquinio il Superbo che, a causa dei suoi atteggiamenti arroganti e del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane, sarà cacciato dal popolo nel 509 a.C..
La cacciata dell’ultimo re di Roma, coincide con un periodo di forte declino per gli Etruschi: essi infatti, espandendosi a sud, vennero a contatto con i Greci. Dopo un iniziale conflitto con i coloni, cominciò la decadenza. Roma riuscì così, evidentemente, a liberarsi dal giogo etrusco, con la cacciata di Tarquinio il Superbo.
In ogni caso, gli Etruschi lasciarono un’influenza durevole su Roma. I romani impararono a costruire templi, e venne introdotto il culto di una triade di dei (Giunone, Minerva e Giove) dagli dei Etruschi: Uni, Menrva e Tinia. Trasformarono Roma da una comunità di pastori in una città. Fecero anche da tramite nel passare elementi presi dalla cultura Greca, come la versione occidentale dell’alfabeto greco.

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I sette Re di Roma

Romolo 753 a.C. 716 a.C.

Numa Pompilio 715 a.C. 672 a.C.

Tullo Ostilio 672 a.C 640 a.C

Anco Marzio 640 a.C 616 a.C

Tarquinio Prisco 616 a.C 579 a.C

Servio Tullio 578 a.C 535 a.C

Tarquinio il superbo 535 a.C 509 a.C .

Romolo (Romulus)

Secondo la leggenda era figlio di Marte e di Rea Silvia, sacerdotessa vestale figlia del re di Alba Longa, Numitore, diretto discendente di Enea. Romolo era quindi per parte materna di stirpe reale albana. Assieme al fratello gemello Remo, rovesciò dal trono di Alba Longa l’usurpatore zio Amulio, restituì il regno al nonno Numitore, e tracciò il solco della Fondazione di Roma, il 21 aprile del 753 a.C.. Poco dopo uccise il fratello Remo, che in segno di disprezzo aveva osato violare il sacro confine della città quadrata. Romolo divenne così il primo re di Roma e pose le basi istituzionali dello stato romano, con la costituzione del consiglio dei patres, cioè l’assemblea dei capi delle cento gentes originarie, che sarebbe poi divenuto il Senato di Roma. Dopo quaranta anni di regno scomparve misteriosamente durante una tempesta, durante la quale sarebbe asceso al cielo. Apparve poi in una visione ad un suo vecchio compagno albano, Proculo Giulio (appartenente alla gens Giulia), rivelandogli il futuro glorioso di Roma, che sarebbe divenuta Caput Mundi, e spiegandogli di essere stato rapito in cielo per volontà degli Dei. Romolo chiese infine a Proculo Giulio di voler essere venerato come dio protettore di Roma, con il nome di Quirino.

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Numa Pompilio

Per la tradizione e la mitologia romana, tramandataci grazie a Tito Livio e a Plutarco che ne scrisse anche una biografia, Numa Pompilio, di origine sabina, regnò tra il 715 a.C. e il 674 a.C. (anno in cui morì ottantenne) succedendo come re di Roma a Romolo. L’incoronazione di Numa non avvenne immediatamente dopo la morte di Romolo, alla cui morte il governo della città passò invece ai Senatori, in un tentativo di sostituire la monarchia con una oligarchia. I Senatori furono però costretti a procedere all’elezione di un nuovo re, dal sempre maggiore malcontento popolare. Per l’elezione proposero Numa Pompilio, della Gens Pompilia, che abitava nella città sabina di Cures Sabini ed era sposato con Tazia figlia di Tito Tazio (nato addirittura nel giorno in cui Romolo fondò la città eterna), ma molto noto in città come uomo di provata fede ed esperto conoscitore delle leggi divine, da cui gli derivò l’appellativo di Pius. Inizialmente contrario ad accettare la proposta dei senatori, Numa vi acconsentì solo dopo che furono presi gli auspici degli dei, che gli si dimostrarono favorevoli; Numa fu quindi eletto re per acclamazione da parte del popolo.

Riforme: A Numa sono ascritte tutta una serie di riforme tese a dare forma e a stabilizzare le istuzioni della nuova città, prime tra tutte quelle religiose. Nel foro costruì la Regia e lungo la Via Sacra fece costruire il Tempio di Giano, le cui porte potevano essere chiuse solo in tempo di pace; affidò all’ordine sacerdotale dei Salii di dichiare il tempo di pace e di guerra (per gli antichi romani il periodo per le guerre andava da marzo ad ottobre), mentre all’ordine dei flamini affidò il culto della Triade Capitolina. Scelse le prime vergini Vestali della città, assegnando a queste uno stipendio e la cura del tempio in cui era custodito il fuoco sacro della città. Nominò anche il primo Pontefice di Roma, cui spettava il compito di vigilare sull’applicazione di tutte le prescrizioni di carattere sacro.

Calendario: A lui viene ascritta anche la riforma del calendario, basato sui cicli lunari, che passò da 10 a 12 mesi, con l’aggiunta di gennaio, dedicato a Giano, e febbraio, e con l’indicazione dei giorni fasti e nefasti, durante i quali non era lecito prendere alcuna decisione pubblica. Sempre secondo la tradizione antica, le decisioni più difficili, erano frutto di consigli fatti al re da parte della ninfa Egeria, sottolineando così il carattere sacrale di queste decisioni.

Numa Pompilio

Feste religiose: La tradizone vuole che Numa istuitì, tra l’altro, anche la Festa di Quirino e la Festa di Marte. La festa in onore di Quirino si celebrava a febbraio mentre quella dedicata a Marte, si celebrava a marzo, e veniva officiata dai Salii. A queste riforme di carattere religioso corrispose anche un periodo di prosperità e di pace, tanto che durante tutto il suo regno le porte del tempio di Giano non furono mai aperte, che permise a Roma di crescere e rafforzarsi.

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Tullo Ostilio

Tullo Ostilio (lat. Tullus Hostilius) (secondo la tradizione 673 a.C. – 641 a.C.) Fu il terzo dei leggendari Re di Roma, appartenente alla Gens Hostilia, che dovrebbe essere ricompresa tra le cento gentes originarie ricordate da Tito Livio. Fu il successore di Numa Pompilio. Le sue guerre vittoriose con Alba Longa, Fidene e Veio indicano le prime conquiste del territorio latino e il primo allargamento del dominio romano oltre le mura di Roma. Fu durante il suo regno che avvenne il combattimento fra Orazi e Curiazi, i rappresentanti di Roma e di Alba Longa. Si dice che morì colpito da un lampo come la punizione del suo orgoglio. Tullo Ostilio va considerato semplicemente come il duplicato di Romolo. Entrambi sono eletti fra i pastori, continuano la guerra contro Fidene e Veio, aumentano il numero dei cittadini, organizzano l’esercito e spariscono da terra in una tempesta. Poiché Romolo e Numa Pompilio rappresentano i Ramnes ed i Tities, così, per completare la lista dei quattro elementi tradizionali della nazione, Tullo è il rappresentante del Luceres ed Anco Marzio il fondatore della Plebe. L’evento distintivo di questo regno è la distruzione di Alba Longa, che può essere considerato come un fatto storico. Tullo Ostilio fu scelto dai senatori perché era un romano e perché suo nonno Osto Ostilio aveva combattuto con Romolo contro i Sabini. Dopo la morte di Numa Pompilio lo spirito di pace sembrò indebolirsi. Secondo la tradizione, i rapporti amichevoli fra Romani e la popolazione di Alba Longa, nei colli vicino a Roma, si erano guastati ed erano sorte controversie perché la gente aveva cominciato ad effettuare incursioni negli campi ed orti altrui, rubandosi reciprocamente raccolti ed animali. La risposta del re romano alle lamentele degli Albani fu che l’inizio della lite era stato opera loro. Gli eserciti delle due città si prepararono a combattere, ma la battaglia fu risolta dalla sfida tra gli Orazi e Curiazi, tre fratelli romani i primi e tre fratelli albani i secondi. Alba Longa fu sconfitta e assoggettata allo stato romano. Quando Alba Longa si rifiutò di aiutare Roma in un successivo conflitto, Ostilio fece dilaniare capi albani con due carri lanciati nelle opposte direzioni. Poi distrusse la città ne trasferì gli abitanti sul Celio. Tullo Ostilio si impegnò anche in una guerra contro i Sabini; fu durate il suo regno che fu cotruita la Curia Hostilia, che divenne il luogo deputato alle riunioni dei senatori, che prima di allora si riunivano all’aperto, nell’area del Foro che in seguito sarebbe stata utilizzata per i Comizi. La leggenda dice che Tullo era così occupato con una guerra dopo un’altra che aveva trascurato ogni servizio verso le divinità. Una peste terribile si abbatté sui Romani. Anche Tullo ne fu colpito. Pregò Giove per avere il suo favore ed il suo aiuto. La risposta del dio fu un fulmine che venne giù dal cielo, bruciò il re e ridusse la sua casa in cenere. Ciò fu visto dai Romani come un’indicazione di scegliere meglio il nuovo re, un re che seguisse l’esempio pacifico di Numa Pompilio e scelsero Anco Marzio, il nipote di Numa Pompilio.

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Anco marzio

Anco Marzio (lat. Ancus Marcius) (640 a.C.-616 a.C.) fu il quarto Re di Roma e l’ultimo di origine sabina, appartenente all’antica gens Marcia, probabilmente leggendario. Come Numa Pompilio, ritenuto suo nonno, era amante della pace e della religione, ma fu obbligato a fare la guerra per difendere i suoi territori. Sconfisse i Latini ed insediò un certo numero di loro sull’Aventino e nella Valle Murcia, creando così il primo nucleo della Plebe romana Fortificò il Gianicolo, gettò il primo ponte di legno sul Tevere, il Ponte Sublicio, fondò il porto di Ostia collegandola a Roma con la Via Ostiense, stabilì le saline e costruì una prigione. A lui si fa discendere la definizione dei riti che dovevano essere seguiti dai Feciali perché la guerra dichiarata ai nemici non dispiacesse agli dei e potesse essere quindi una “guerra giusta”. Anco Marzio è soltanto un duplicato di Numa, come è indicato dal suo secondo nome, da Numa Marzio, dal confidente e pontefice di Numa, non essendo niente altro che Numa Pompilio stesso, rappresentato come sacerdote. L’identificazione con Anco è indicata dalla leggenda che indica quest’ultimo come un costruttore di ponte (pontifex), il costruttore del primo ponte di legno sopra il Tevere. È nell’esercizio delle sue funzioni sacerdotali che la somiglianza è mostrata più chiaramente. Come Numa, Anco Marzio morì di morte naturale. Gli successe Tarquinio Prisco.

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Lucio Tarquinio Prisco

Lucio Tarquinio Prisco (lat. Lucius Tarquinius Priscus), Originario di Tarquinia in Etruria, quinto re di Roma secondo la cronologia di Tito Livio, che regnò tra il 616 a.C. e il 579 a.C.. Secondo la tradizione Lucio Tarquinio Prisco era greco per parte di padre (Demarato era originario della città greca di Corinto da dove era fuggito per stabilirsi poi a Taquinia) e a causa di questa ascendenza, e nonostante fosse ricco e noto in città, veniva osteggiato dai suoi concittadini e non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Per questi motivi, e su consiglio di sua moglie Tanaquil, decise quindi di emigrare da Tarquinia a Roma, dove cambiò nome, dall’etrusco Lucumone al più latino Lucio Tarquinio detto poi Prisco per distinguerlo dall’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo. Al suo arrivo a Roma, nei pressi del Gianicolo, dove arrivò a bordo di un carro, accadde un fatto eccezionale; un’aquila prima gli portò via il berretto, poi tornò indietro e lo fece cadere sulla sua testa. Tanaquil, che in quanto etrusca conosceva l’arte di intepretare i segni del cielo, interpretò questo fatto come il segno di future grandezze per il marito. In città Tarquinio si fece conoscere per le sue qualità e per la sua generosità, tanto che Anco Marzio decise di conoscerlo e, conosciutolo, prima lo fece entrare tra i suoi consiglieri, poi decise di adottarlo, affidandogli il compito di proteggere i suoi figli. Alla morte del re, Tarquinio riuscì a farsi eleggere re dal popolo romano come figlio di Anco Marzio. La sua abilità militare fu subito messa alla prova da un attacco sferrato dai Sabini; l’attacco fu respinto dopo sanguinosi combattimenti nelle strade della città. Fu in questa occasione che fu raddoppiato il numero di cavalieri, che ognuna delle tre tribù (Ramnensi, Tiziensi e Luceri) doveva fornire all’esercito. Tarquinio poi combattè i Latini (acquistò allo stato romano le città di Cornicolo e Collazia), poi gli etruschi delle città di Chiusi, Arezzo, Volterra, Rosselle e Vetulonia corsi in aiuto dei Latini; sconfitti anche gli etruschi, terminò la guerra contro le altre città latine. Grazie a queste fortunate guerre riuscì a rimpinguare le casse statali con i ricchi bottini depredati alle città sconfitte. Tarquinio riformò anche lo stato, portando l’Assemblea Centuriata a 1800 componenti e aggiunse 100 mebri ai senatori, che così vennero ad essere 300. Si occupò anche dei giochi della città, erigendo il Circo Massimo e destinandolo come sede permanente delle corse dei cavalli; prima di allora gli spettatori assistevano alla gare che qui si svolgevano seduti da postazioni di fortuna. In seguito a forti alluvioni, che interessarono specialmente le zone dove sarebbe sorto il futuro Foro Romano, fece poi iniziare la costruzione della Cloaca Massima. A lui si deve poi l’inizio dei lavori per la costruzione del tempio di Giove Capitolino sul colle del Campidoglio. Fu Tarquinio che per primo celebrò un trionfo in Roma, vestito con un abito dorato e di porpora su di un carro trainato da quattro cavalli e sempre a lui si deve l’introduzione in città di usanze tipicamente etrusche, relative alla sua posizione regale, come lo scettro, la toga purpurea, la sella curalis e i fasci littori. Nel frattempo, il maggiore dei figli di Anco Marzio, nella speranza di ottenere il trono che riteneva gli fosse stato usurpato da Tarquinio, organizzò un complotto nel quale il re etrusco trovò la morte. I suoi piani furono però frustrati dall’abile Tanaquil, che fece in modo che il popolo romano elegesse suo genero Servio Tullio come sesto re di roma e successore di Lucio Tarquinio Prisco.

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Servio Tullio

Servio Tullio Il sesto re di Roma, secondo la tradizione regnò dal 578 a.C. al 535 a.C.. Servio, come attestato anche dal nome, era di umili origni; nacque infatti da una prigioniera di guerra ( che si racconta fosse stata nobile nella sua città ) ridotta a servire il focolare domestico del re Tarquinio Prisco. Deve la sua fornuta a Tanaquil, che ne indovinò la futura grandezza e per questo gli diede in sposa la figlia ed alla morte del marito fece in modo che Servio gli succedesse come re di Roma. Infatti a delitto avvenuto, Tanaquil informò della congiura il popolo romano, ma gli nascose la morte del re, dicendo invece che il re era rimasto ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente. Solo quando la situazione si fu calmata e il popolo romano si era abituato alla figura regnante di Servio Tullio, Tanaquil comunicò la morte del marito; a questo punto al popolo parve naturale che Servio Tullio continuasse a regnare sulla città. Fu l’autore della più importante modifica dell’esercito. Si rese conto infatti che per assicurare a Roma una forza militare sufficiente a mantenere le proprie conquiste, necessitava di un esercito più numeroso di quello che possedeva (un’unica legione di circa 3000 uomini, detto esercito romuleo). Si impegnò quindi a favorire il reclutamento degli strati inferiori della società, a quel tempo esclusi. Per il patriziato fu un brutto colpo, perché si resero conto che così facendo avrebbero dovuto, prima o poi, dare, a quella che solo grazie a tale riforma prenderà a chiamarsi plebe, dei riconoscimenti politici. Questo genere di contrasti rese i re etruschi piuttosto invisi alla dirigenza di Roma che vedeva minacciati i propri privilegi. Roma continuò comunque la sua politica di espansione territoriale, questa volta a danno delle città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia; dopo alterne vicende i romani ebbro la meglio su queste città e ingrandirono il loro territorio verso nord. Servio Tullio modificò la tradizionale ripartizione in tribù del popolo romano , che non tenne più conto dell’origine delle genti, ma che considereva come criterio di appartenenza il luogo di residenza, ponendo di fatto le basi per l’omogenizzazione delle diverse genti che vivevano in città. Vennerò così create quattro tribù urbane ( Suburana, Palatina, Esquilina, Collina ) e sedici tribù extra-urbane; in questo modo, oltre a omogenizzare i cittadini romani, si poteva anche valutare il patrimonio dei singoli cittadini e quindi fissarne il tributo, che questi dovevano versare alle casse dello stato, oltre che il censo, che ne determinava i diritti ed i doveri. Servio Tullio fece costruire sull’Aventino il tempio Diana, che corrisponde alla dea greca Artemide, il cui tempio si trovava ad Efeso, trasferendo da Ariccia il culto latino di Diana Nemorensis. Come per i greci, per i quali il tempio di artedimide rappresentava una federazione di città, con il tempio di Diana, costruito intorno al 540 a.C., i romani miravano a porsi come centro politico e religiose delle popolazioni del Lazio e fors’anche dell’Etruria meridionale. A Servio si ascrive anche la decisione di costruire il Tempio di Mater Matuta e il Tempio della Dea Fortuna, entrambi al Foro Boario. Servio Tullio fu ucciso da Tarquinio il Superbo che ebbe come complice la seconda moglie Tullia Minore, figlia minore di Servio; si tramanda infatti che Tarquinio, dopo aver provocato il re, gettasse questo giù dalle scale della Regia; il sovrano, ferito ma non ancora morto, fu quindi finito dalla figlia che gli passò sopra con un carro trainato da cavalli, mentre cercava di scappare dal foro. Secondo un’antica tradizione la figura di Servio Tullio si identifica con quella di Mastarna, alleato di Celio Vibenna (o Vivenna), entrambi condottieri etruschi impegnati in spedizioni di conquista in Etruria e nei territori circostanti, e rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il nome, assumendo quello di Servio Tullio. Questa versione dei fatti fu oggetto anche di un famoso discorso al Senato dell’imperatore etruscologo Claudio (riportato nelle tavole di bronzo di Lione). Gli storici, al di là degli aspetti leggendari del racconto, non escludono che possa avere qualche fondamento di verità, e portano a sostegno di questa ipotesi anche i famosi affreschi della Tomba Francois di Vulci che rappresentano in modo sorprendentemente realistico questo ciclo di racconti epici. Si può tuttavia giungere anche alla conclusione che il nome Mastarna (Macstrna) fosse soltanto il titolo con il quale Servio Tullio veniva chiamato in battaglia: non sarebbe impossibile infatti intravedere nella parola mastarna la radice di magister (“maestro”), cioè, in questo caso, magister maximus della legione romana.

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Tarquinio il Superbo

Lucio Tarquinio (conosciuto come Tarquinio il Superbo) (? – 496 a.C.) Settimo ed ultimo re di Roma della dinastia etrusca dei Tarquini. Regnò dal 535 a.C. al 510 a.C., anno in cui fu messo al bando da Roma. Figlio di Tarquinio Prisco, sposò prima Tullia Maggiore, la figlia maggiore di Servio Tullio, poi sposò la sorella di questa, Tullia Minore, con il cui aiutò organizzò la congiura per uccidere il suocero ed ascendere sul trono di Roma. Tito Livio ci racconta, che Tarquiniò un giorno si presentò in Senato e si sedette sul trono del suocero rivendicandolo per se; Tullio avvertito del fatto, si precipitò nella Curia. Ne nacque un’accessa discussione tra i due, che presto degenerò in scontri tra le opposte fazioni; alla fine il più giovane Tarquinio, dopo averlo spintonato fuori dalla Curia, scagliò il re giù dalle scale. Servio, ferito ma non ancora morto, fu finito dalla figlia Tullia Minore che ne fece scempio travolgendolo con il cocchio che guidava. A Tarquinio fu attrbuito il soprannome di Superbo dopo che negò la sepoltura di Servio Tullio. Tarquinio assunse il comando con la forza, senza che la sua elezione fosse approvata dal Popolo e dal Senato romani, e sempre conn la forza mantenne il controllo della città durante il suo regno. Se le fonti antiche lo criticano per come conquistò e mantenne il potere in città, le stesse gli riconoscono però grandi capacità militari; sotto il suo regno fu presa Suessa Pometia e sempre in quest’epoca iniziò la centenaria lotta tra romani e i Volsci. A lui si fa discendere lo stratagemma con cui i romani conquistarono Gabi, dove mandò il proprio figlio Sestio che si fece accogliere in città dicendo di voler sfuggire alla tirannia del padre. In verità il genitore ed il figlio aggivano di comune accordo, dovendo il figlio recare discordia nella città nemica, tanto che questa per i contrasti sorti al suo interno si diede a Roma senza che fosse combattuta battaglia alcuna. Preoccupato da una visione, un serpente che sbucava da una colonna di legno, il re organizzò una spedizione per Delfi in modo da ottenerne un’interpretazione del famoso oracolo; di questa spedizione fece parte anche Lucio Giunio Bruto, nipote del re, che celava i suoi veri pensieri fingendosi stolto, bruto appunto. Dopo aver avuto il vaticinio richiesto dal re, la comitiva chiese anche chi sarebbe stato il prossimo re di Roma; il responso dell’oracolo, “Avrà in Roma il sommo imperio chi primo, o giovani, di voi bacerà la madre”, fu compreso solo da Bruto, che tornato in patria sbarcando a terra finse di cadere e baciò la madre terra. In quel tempo Roma stava conducendo una guerra contro i Rutuli asserragliati nella città di Ardea; tutti i cittadini atti alle armi partecipavano all’assedio. In questo quadro si inserisce l’episodio di Lucio Tarquinio Collatino e di sua moglie Lucrezia, di cui si invaghì il figlio del re Sesto. Questo lasciato il campo si diresse tornò a Roma, dove con l’inganno e la forza fece violenza a Lucrezia. Il giorno seguente, la donnna si recò nel campo militare dove si trovava il marito, e denunciata la violenza subita davanti a tutti, si tolse la vita. Sconvolti dall’accaduto e pieni d’odio per Tarquinio e la sua famiglia, Bruto e Collatino giurarono di non aver pace fino a quando i Tarquini non sarebbero stati cacciati dalla città. Raccolto il cadavere della nobile donna, seguiti dai giovani seguaci, i due si diressero a Roma dove Bruto parlò alla folla accorsa nel Foro; il suo eloquio fu così efficace e trascinante, e la nefandeza di Sestio così grande, che riusci a smuovere l’animo dei propri cittadini, stanchi dei suprusi dei Tarquini, che proclamarono il bando dalla città del re e dei suoi figli mentre questi, avvertiti da dei seguaci, stavano tornando in città dal campo militare. Tarquinio messo al bando dalla città su cui regnava, trovò le porte della città sbarrate, e perciò si rifuggio a Cere; l’ex re non si diede per vinto, e tentò di restaurare il proprio regno con l’aiuto di Porsenna, a cui si alleò, e delle città latine aversarie di Roma. Nonostante i successi ottenuti dal lucomone etrusco di Chiusi, Tarquinio non riuscì più a rientrare in città e morì in esilio. Durante il periodo della dominazione etrusca Roma diventa un importante stazione commerciale ed acquisisce il controllo su alcune comunità circostanti iniziando la sua espansione, anche con la fondazione di colonie romane, come quelle di Signa e Circei. Sotto il suo regno fu portata a termine la costruzione della Cloaca Massima e del Tempio di Giove Ottimo Massimo.